31 luglio 2014

CONTRATTO GIORNALISTI: A REFERENDUM, MA COL TRUCCO


La lettera sottoscritta dalla Clan-Fnsi*





I nostri padri ci hanno insegnato tante verità: una di queste è che il veleno sta nella coda: in cauda venenum. E basta una veloce occhiata nella delibera con cui, bontà sua, la Fnsi concede un referendum sul contratto di lavoro appena sottoscritto con le controparti datoriali per scoprire dov'è, nemmeno troppo nascosto, il veleno: se non ci sarà il quorum degli aventi diritto, ossia il 50%+1, non si procederà allo spoglio. E in questo caso non sapremo cosa pensano le giornaliste e i giornalisti italiani sul contratto firmato e sull'operato del sindacato al riguardo.
A parte la singolarità di un referendum su un accordo già sottoscritto che, forse, sarebbe stato molto meglio tenere prima dell'eventuale firma, è inevitabile domandarsi che cosa succederebbe, per esempio, nel caso che il quorum fosse raggiunto e il risultato dello scrutinio dimostrasse che la categoria boccia l'operato della segreteria e della giunta della Fnsi: quali dovrebbero essere le conseguenze pratiche? Il ritiro della firma, con tutte le conseguenze che ciò comporterebbe? Si potrebbe considerare un voto di sfiducia alla dirigenza, che è comunque uscente e già in pieno dibattito precongressuale?
E perché negare lo scrutinio in caso di mancato raggiungimento del quorum? È un modo di tacitare la voce di quelli che andranno a votare, per quello che rischia di essere più un sondaggio postumo che una consultazione di lavoratrici e lavoratori? Oppure intende che in caso di raggiungimento del quorum il voto sarebbe vincolante per segreteria e giunta? Dalla delibera non si capisce.
Ciò che però è chiaro è che un quorum del 50% + 1 “degli aventi diritto al voto” è un traguardo difficile raggiungere, ben superiore alle partecipazioni al voto che si registrano solitamente nelle elezioni degli organismi di categoria. Inoltre nel referendum sul contratto del 2009 non venne imposto alcun quorum per la validità della consultazione, i cui esiti vennero però considerati politicamente vincolanti.
Infine non si può non notare che per questo referendum le Assostampa sono vincolate ad allestire un minimo di un seggio elettorale per regione, e come facoltà al massimo uno per provincia, il che certo non favorirà un'alta partecipazione al voto.
Se la Giunta della Fnsi volesse dimostrare volontà di favorire la partecipazione e di dare valore a questo voto, dovrebbe quindi ripetere la decisione del 2009, togliendo il quorum minimo e stabilendo inoltre l'obbligo di un più congruo numero di seggi, calibrati a seconda della dimensione territoriale e dei possibili votanti.
Visto che ormai siamo già in dibattito precongressuale, certamente il tema dovrà tornare ad essere esaminato, a differenza di quanto è successo fino ad ora, come in particolare allo scorso congresso Fnsi a Bergamo.
Per ora le regole della delibera rendono necessario andare a votare, e portare a votare le colleghe e i colleghi. Anche quelli che si sentono più lontani dal sindacato, quelli che si sentono (e non sempre a torto) ignorati o umiliati, come è successo con i tariffari sull'equo compenso.
Questo non è il tempo di stare zitti, lasciando ad altri il compito di interpretare i nostri sentimenti. Questo è il tempo di andare a votare.
(29 luglio 2014)

(*) Nota di:
Giovanni Ruotolo - Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi
Maurizio Bekar – coordinatore Commissione nazionale lavoro autonomo, consigliere nazionale Fnsi
Susanna Bonfanti - Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi
Moira Di Mario - Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi
Dario Fidora - Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi, responsabile Commissione Lavoro Autonomo Assostampa Sicilia
Francesca Marruco - Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi, direttivo Assostampa Umbria
Saverio Paffumi - Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi, responsabile Commissione lavoro autonomo Associazione Lombarda dei Giornalisti

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